L' Impavida

L' Impavida

Cia degli Ordelaffi, la donna che sfidò il Papa

Cia degli Ordelaffi

la donna che sfidò il Papa

È il 1334 quando la giovane e bellissima Marzia degli Ubaldini, detta Cia, sposa Francesco degli Ordelaffi, signore di Forlì e Cesena. E con quel matrimonio sancisce l’abbandono a tutto ciò che è stata la sua vita fino a quel momento. È stata sempre un’abile cavallerizza, amante più dei giochi d’armi che del ricamo e della pittura, ma più come fosse uno svago, un divertimento. Accanto al marito, invece, dovrà affrontare prove durissime, inganni e tradimenti, sconfitte, a cui però non si piegherà mai.

Quando papa Innocenzo VI, da Avignone, decide che è giunto il momento di restaurare lo Stato Pontificio e di rimpossessarsi delle terre di Romagna e Marca, Cia e Francesco non abbassano la testa: quella è la loro terra e, se il Pontefice la vuole, dovrà prenderla col ferro e il fuoco. Per contrastare le truppe inviate dal papa, i due coniugi sono costretti a separarsi e difendere ognuno una città: lui resta a Forlì, il feudo di maggior prestigio, mentre lei, sola, insieme ai figli e a uno sparuto manipolo di soldati, si chiude nella Rocca di Cesena in attesa della battaglia. Sarà un assedio terribile, con una popolazione stremata che alla fine cederà alle lusinghe dei guelfi, ribellandosi alla sua signora in nome del papa, ma Cia non lascerà mai il posto nelle prime linee, accanto ai suoi soldati, neanche quando la sua vita sarà in pericolo.

Sullo sfondo delle lotte fra Guelfi e Ghibellini nella Romagna del 1300, la figura di Marzia Ordelaffi, detta Cia l’impavida, si staglia nella storia per mostrare il vero volto di un’eroina che, cresciuta e vissuta per combattere, vuole essere non solo guerriera, ma anche donna. 

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Incipit

Marzo 1334

 

Gli zoccoli del cavallo nero affondavano nel lieve strato di neve appena caduta, attutendone il rumore. La vallata era imbiancata da qualche ora e Marzia, in sella al suo fedele destriero, avanzava senza fatica lungo la via che dall’Appennino scendeva verso il mare Adriatico. Era una giovane e bella nobildonna, discendente da una famiglia di guerrieri ed eroi, gli Ubaldini di Susinana da cui aveva tratto un carattere indomito e un animo impavido. Il viso dalla pelle chiara e luminosa era sferzato da un vento gelido e i lunghi capelli neri erano coperti dal velo e dal cappuccio del lungo mantello di pelliccia che le scendeva fino alle caviglie per proteggerla e riscaldarla in quel viaggio lungo e aspro. I suoi occhi neri e profondi scrutavano l’orizzonte, dove presto si sarebbe compiuto il suo destino e intanto la sua mente vagava senza sosta, alla ricerca di conforto e rassicurazione. Così mentre dal cielo cinereo di quei primi giorni di marzo dell’anno 1334 cadevano radi e leggeri fiocchi di neve, che dondolando si posavano lievi sulla carovana, Marzia lasciò vagare la sua mente, assecondando i ricordi e i pensieri.

Per quanto all’apparenza Marzia ci tenesse a mostrarsi sicura e spavalda come sempre e come le avevano raccomandato i suoi genitori prima di intraprendere quel tragitto, dentro di sé tremava e non per il freddo. Infatti con quel viaggio lei segnava il suo destino, non era una trasferta di piacere e diversamente da altre volte non l’aveva intrapreso per accompagnare i genitori in qualche impresa, questa volta stava compiendo il suo primo vero cammino della vita: andava a sposarsi. Il matrimonio era stato convenuto già da tempo, il contratto firmato, la dote concordata, e se prima di allora i suoi contorni erano rimasti nebulosi, sfocati, quasi fosse un sogno, adesso che era diretta verso quella che sarebbe diventata la sua casa e la residenza di cui lei sarebbe stata a tutti gli effetti la signora, tutto era spaventosamente reale e lei dentro di sé provava una sensazione che non le piaceva. Aveva paura. Questo non doveva accadere a una donna come lei, forse poteva essere normale per altre nobildonne, ma non per lei, perché non era quello che le era stato insegnato. Nella sua vita non ci doveva essere spazio per la paura o i tentennamenti e nemmeno per le insicurezze, perché in tal caso tutto sarebbe andato perduto. 

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